Realtà e verità

Ricapitolando, in corrispondenza dei primi due elementi nella relazione fondativa di consapevolezza (consciousness) – ovvero Tu, l’altro soggetto, come me, ma distinto da me; (quindi) Io, distinto da te, ma come te –, sono stati individuati due punti fondativi di coscienza (conscience), sempre con una modalità relazionale: dare ascolto e importanza all’altro me stesso, che mi parla come un altro soggetto; dare ascolto e importanza a te, l’altro, che sei come me, mi rifletti, ma anche mi sorprendi prendendo iniziative inconsulte, come un comico allo specchio.

Nella sequenza di sviluppo della consapevolezza ci sono però altri elementi. Viene spontaneo1 prenderli in considerazione, a partire dal terzo punto: la realtà oggettiva.

Così come l’interlocuzione con l’altro me stesso sviluppa e trasforma (da consciousness a conscience) la relazione di autoconsapevolezza con “Io”, e l’attenzione a te, l’altro, sviluppa e trasforma la relazione fondativa con “Te”, è possibile sviluppare e trasformare anche il terzo elemento di consciousness e formulare quindi il terzo elemento di conscience: dare importanza alla realtà oggettiva.

Dire la verità. Onestà intellettuale. Metodo scientifico.

Se si tratta di oggetti e non di soggetti è apparentemente fuori luogo cercare di “dar loro retta” e “ascoltarli”. Ma questo non vuol dire che si debba trascurarli.

La realtà oggettiva va presa sul serio.

Ha importanza, per esempio, nell’indicare che i soggetti, ovvero tu ed io, e tutti gli altri, saremo sì soggetti, ma siamo anche reali, ovvero materia ed energia in divenire.

Quindi, almeno: dire la verità.

La verità va intesa come resoconto sinceramente veritiero dei fatti.

Dare importanza alla realtà oggettiva implica descriverla con sincerità e onestà. Non alterare deliberatamente i fatti. Dire quel che si vede, nel modo più semplice.

Detto in altro modo: va bene essere soggettivi, ma almeno essere sinceri.

Non sostituire la realtà con una sua rappresentazione preconfezionata.

Impegnarsi per non travisarla.

Impegnarsi a non esagerare con la retorica.

Va detto che esprimersi in modo semplice non è facile. La maggior parte delle persone (in diversa misura tutti noi, in effetti, per la maggior parte delle cose che diciamo tutti i giorni) non riesce a esprimersi se non per metafore o frasi fatte, espressioni proverbiali e slogan ripetuti (che trascinano necessariamente con sé il loro carico di associazioni di idee, riferimenti culturali e implicazioni ideologiche).

Quando si cerca di descrivere una realtà complessa, il requisito di attenzione alla realtà oggettiva richiede anche l’onestà intellettuale.

Se si indaga la realtà oggettiva per conoscerla, questo requisito diventa quello di usare il metodo scientifico, e in modo appropriato alla porzione di realtà da indagare.

Anche la materia non vivente può sorprendermi: sturm und drang, fulmine, arcobaleno, foto di Saturno (o della Terra dallo spazio). O una gita su un ghiacciaio. Questo non ne fa un soggetto. Ma al contrario potrebbe suggerire qualcosa sulla natura del soggetto “io”.

Anche qui è importante la relazione e la distinzione da sé, in questo caso dell’oggetto. È effettivamente possibile interagire con oggetti senza distinguerli da sé. Per imparare a usare strumenti, occorre superare la distinzione tra se stessi e l’oggetto–strumento, per farlo diventare come una protesi, un’estensione dei propri sensi e dei propri arti. Gli occhiali, mentre leggo, non sono al centro della mia attenzione cosciente. L’auto, quando guido. La penna, quando scrivo. Sono parte di me, e li uso sia per trasformare la realtà oggettiva, sia come organi sensoriali. Quando guido “sento” le buche sulla strada. Evito gli ostacoli, primariamente, per non “sbucciarmi” i fanali. Se la biro non scorre bene sulla carta, o se gli occchiali sono sporchi, mi sento menomato.

E naturalmente, di strumenti, a ciascuno il suo: il coltello del macellaio, la scarpetta del podista, gli sci dello sciatore, la cazzuola del muratore, il bisturi del chirurgo, il cesello dell’orafo.

L’uncinetto della mia bisnonna.

Nelle arti Zen, l’arco e l’arciere, il pennello e il calligrafo, la spada e il guerriero perdono la loro distinzione. Anche la soggettività dell’artista scompare, nelle arti Zen: scompare il soggetto, e rimane solo il Tao (Dào / Dō ) che fluisce.

In tutti questi casi, diciamo: val più la pratica che la grammatica

Ed ecco qua un’apparente semplificazione ottenuta per mezzo di un espressione proverbiale… vedi sopra.

Per “capire” gli oggetti, invece, devo separarmene.

Nella tradizione occidentale cerco di costruirmene un modello mentale.

O di scrivere una ricetta: una sequenza di operazioni.

Nella ricerca scientifica, l’osservatore non deve influenzare il risultato di un’osservazione, di un esperimento. Si sa, dalla fisica quantistica, che la distinzione tra osservatore e osservazione non è possibile in assoluto: ogni processo di osservazione modifica la porzione di realtà che viene osservata. Ma, a maggior ragione, ciò enfatizza l’importanza di ridurre al minimo l’influenza dell’osservatore, ovvero del processo di misura, sull’oggetto: sapendo però che questa influenza non può essere eliminata del tutto. Si tratta semmai di cercare di quantificarla.

A volte poi capita anche che l’oggetto sia inevitabilmente, a sua volta, un soggetto.

Il medico, ad esempio, per essere e restare medico, deve distinguersi dal paziente, e trattarlo come oggetto. Ma non può davvero farlo: il paziente è a sua volta un soggetto. E un soggetto non può ignorarne un altro impunemente.

Il medico potrebbe separare se stesso dal paziente solo estinguendosi, ovvero smettendo di essere soggetto e diventando oggetto: lo strumento di cura del soggetto–paziente. Ma non può fare nemmeno questo, perché deve essere un attivo soggetto di conoscenza: del paziente e del suo stato di salute.

D’altra parte il medico non può trattare il paziente da mero oggetto anche per qualche altro motivo. Il paziente è strumento di misura del suo proprio stato, misura soggettiva finché si vuole, ma il paziente può ben pretendere di sapere come sta.

Il paziente è anche strumento di intervento attivo sul proprio stato: il farmaco può attivare una o più reazioni nel corpo del paziente, e queste reazioni possono interagire con lo stato del paziente, eventualmente determinando o favorendo un qualche tipo di guarigione. E abbiamo appena visto che un operatore (il medico), per usare uno strumento (il paziente), deve aver imparato a usarlo, cancellando la distinzione tra quello strumento e sé.

Infine, se il medico prescrive dei farmaci, o una dieta, o un’attività fisica riabilitativa al paziente, poi è il paziente che deve farsi carico (soggettivamente) di questa parte della terapia.

Questa relazione complicata in cui (almeno) due soggetti sono o diventano a turno oggetti e soggetti si ritrova in mille altre situazioni. Il Maestro e l’Allievo, ad esempio. E naturalmente nelle relazioni di potere: il sovrano e il suddito (e con questa siamo a due relazioni confuciane in due righe).

Per tornare ad Hannah Arendt, il filosofo che volesse occuparsi del pensiero, ovvero di studiare l’altro sé, ha un problema simile a quello di medico e paziente, ma tutto dentro la propria coscienza. Auguri…

“Per pensare a qualcuno, devo assentarmene” [Arendt, Responsabilità e Giudizio].

“Per pensare all’altro me stesso, devo assentarmi da me stesso” [Arendt, Responsabilità e Giudizio].

Dallo schema oggetto/soggetto rimangono un po’ fatti-a-fette gli esseri viventi non umani. Ad esempio scimpanzé, che pure apprendono un po’ a comunicare con la lingua dei segni [Fouts]. Ma ci sono tante specie animali, e ci sono le piante, e ci sono altri esseri viventi che non sono né animali, né piante. Tra soggetti umani e materia inerte c’è la vita e la sua evoluzione. La materia e l’energia hanno la loro dinamica anche senza la vita, e la vita è una singolare modalità della materia e dell’energia. L’autoconsapevolezza umana, coi suoi limiti, è un particolare percorso tra tutti quelli seguiti dall’evoluzione della materia vivente [Gould, Dawkins]

1 Almeno a qualcuno che da piccolo ha studiato fisica ed è stato formattato per cercare le simmetrie.